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Nell’approccio alla stampa 3D, spesso si sottovaluta l’attenzione con cui i materiali 3D, i solventi e le apparecchiature dovrebbero essere utilizzate. L’idea che tutto sia automatizzato ad un semplice click porta l’operatore a sottostimare le possibili problematiche.

La zona dove operare, ad esempio, deve essere adibita esclusivamente alla stampa 3D e non un angolo improvvisato del laboratorio. Anche per lo stoccaggio dei materiali, occorre adoperare specifiche accortezze e individuare delle zone apposite con specifiche caratteristiche.

Quali? I fattori da considerare sono 4: temperatura dell’ambiente, umidità, luce e miscelazione.

posizionamento stampanti 3D in laboratorio odontotecnico

1. Temperatura

La temperatura dell’ambiente deve rimanere in un range tra i 25° e i 32°, quella invece all’interno della stampante deve essere impostata secondo le indicazioni della casa.

È importante che queste temperature vengano mantenute anche quando le resine non sono in uso, per non comprometterne la composizione chimica.

Il controllo delle temperature può essere condotto con un termometro digitale in modalità surface, al fine di monitorare sia la resina nella vaschetta, sia la temperatura del piatto di stampa: il metallo di cui è costituito il piatto di stampa, infatti, potrebbe presentare una temperatura troppo bassa rispetto alla resina, che rischierebbe di causare uno shock termico con conseguente distacco del manufatto dal piatto.

2. Umidità

Altro parametro da non sottovalutare è l’umidità, che influenza la resa finale dei materiali (soprattutto nel periodo estivo). Per controllare umidità e temperatura, è sufficiente l’impiego di un termometro/igrometro.

Utilizzare del Silicagel nelle stampanti che non sono provviste di riscaldatore interno può aiutare a ridurre l’umidità all’interno della camera di stampa.

3. Luce

La luce esterna è un fattore da non sottovalutare. Molti coperchi di stampa 3D non sono, purtroppo, performanti al punto da non lasciar filtrare i raggi UV. Pertanto, è consigliabile posizionare sempre le stampanti in una zona poco illuminata, o illuminata da luci dimmerabili che consentano di diminuire l’intensità quando le resine sono esposte.

4. Miscelazione

L’ultimo fattore è la miscelazione, che deve essere omogenea e non creare bolle d’aria.
I nuovi materiali 3D, come la TC-80DP, sono molto densi e necessitano di essere miscelate a lungo per ottenere una consistenza più fluida idonea per stampare.

Un piccolo segreto consiste nello scaldare prima il materiale per qualche minuto in un bollitore e, una volta versata nella vaschetta, utilizzare un phon con aria calda e ventola a bassi giri, per miscelare e riscaldare il tutto.

La miscelazione è fondamentale in presenza di materiali bi-componenti.Se il contenuto non viene adeguatamente miscelato, infatti, il materiale più pesante si depositerà nella parte bassa della bottiglia. Versando il liquido nella vaschetta, fuoriuscirà solo il materiale più leggero cambiando di fatto, irrimediabilmente, le caratteristiche del materiale.

Un altro importante accorgimento è quello di filtrare sempre i materiali 3D quando vengono rimesse nella bottiglia per la miscelazione. Piccoli filamenti, infatti, potrebbero essersi staccati durante la stampa precedente ed inserirsi poi tra il piatto e il fep, compromettendo il risultato finale.

Infine, occorre tenere in considerazione anche la polvere come fattore negativo per la riuscita della nostra stampa: per questo, consiglio di tenere le stampanti in un box che si possa chiudere con sportelli o teli in plastica (vedi foto 1).

Conclusioni

I passaggi che ho appena menzionato potrebbero sembrare superflui o facoltativi ma non lo sono affatto: il successo della stampa dipende anche e soprattutto dalla cura del dettaglio. E tuttavia, sebbene all’inizio questi passaggi possono comportare un dispendio maggiore di tempo ed energie, lo sforzo sarà in seguito ripagato enormemente quando la procedura diventerà routine e si potrà anche beneficiare di una velocizzazione del processo di stampa.

L’autore
Cesare Gargi

Cesare Gargi

Cesare Gargi diplomato Odontotecnico nel 1986, titolare di laboratorio dal 1992, specializzato in protesi fissa ed estetica. Dal 2007 si occupa di digitale. Relatore per il corso annuale Digital Dentistry Master in Odontoiatria Digitale presso l’Università Insubria di Varese e socio fondatore dell’Accademia Cad Dentale, collabora come Beta-tester per aziende del settore dentale.

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